come favorire lo sviluppo del mercato.

Negli ultimi anni sfruttare il Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo è diventato una prassi tra gli imprenditori italiani. Complice anche il concetto indefinito di Ricerca e Sviluppo, che non ha mai fatto capire quali erano i confini che delimitavano esattamente ciò che rientrava o meno nella normativa, lasciando una ampia discrezionalità all’imprenditore, al revisore dei conti ed anche (spesso) ai consulenti esterni.

Col tempo, questa materia è stata definita con più chiarezza, grazie a numerose circolari e pareri dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero dello Sviluppo Economico, che hanno fatto limitare l’accesso a tale Credito alle imprese che, in parole povere, siano in grado di rispondere positivamente alla domanda: l’impresa ha immesso sul mercato un prodotto nuovo (innovazione reale ) per il suo mercato ?

Il secondo requisito è che la Ricerca e Sviluppo non sia legata ad una commessa. Questo perché l’impresa che avrà ottenuto tale incarico, a prescindere dalla novità del prodotto finale oggetto della commessa stessa, fatturerà al suo cliente i costi sostenuti per questi lavori, se non di più. In alcuni casi una parte dei costi non vengono rimarginati al cliente dell’impresa; d’altra parte, scorporare, nei costi generali di una commessa, ciò che è stato fatturato da quello che non lo è stato, comporta un talvolta eccessivo dispendio di tempo e energie. Occorre anche bilanciare costi e benefici.

Una impresa capace di rispettare questi requisiti di qualcosa di nuovo? SI; è legato a commessa? NO, poteva investire in Ricerca e Sviluppo sapendo che avrebbe recuperato una fetta importante di quei costi in F24 dall’anno successivo.

Fino al 2019, con alterne vicende, tra le varie Leggi di Bilancio e risoluzioni, la ratio della normativa Credito d’imposta si fondava su di un principio: agevolare la Ricerca e Sviluppo incrementale rispetto a quella compiuta in un periodo passato, fissato nel triennio 2012-2013-2014. Questo doveva essere anche uno strumento di uno degli obiettivi della Strategia Europa 2020, cioè raggiungere al 31/12/2020 la soglia del 3% del PIL di ciascun Paese Membro destinato alla Ricerca e Sviluppo.

Numericamente parlando, il Credito d’imposta poteva (e può tuttora, retroattivamente) essere valorizzato per ogni singolo esercizio fiscale, sempre come incremento alla R&S compiuta nel triennio 12-13-14. A seconda delle voci di spesa, si compensava in F24 una somma compresa fra il 50% ed il 25% dei costi sostenuti.

Nel breve-medio periodo, questo ha avuto un differente impatto fra le seguenti due macro categorie di imprese italiane:

  1. Quelle che hanno sempre investito un quantitativo importante in R&S (normalmente quelle aziende di dimensioni rilevanti in termini di fatturato e di personale: medie o grandi Imprese);
  2. Le imprese di minori dimensioni e le StartUp nate dopo il 2015 o pochissimi mesi prima.

Date queste due categorie, l’impatto è derivato dal fatto che le imprese del primo tipo, nonostante il valore più grande di spesa media in R&S rispetto al secondo tipo, difficilmente riuscivano ad usufruire di tale agevolazione. Questo perché i valori incrementali di spesa per progetti innovativi producevano importi molto bassi di Crediti d’imposta, proprio perché tali costi venivano sempre messi a budget nei vari anni.

Dall’altra parte, invece, il vantaggio per le imprese di minori dimensioni, che, per ragioni di liquidità, in passato relegavano gli studi in innovazione in secondo piano, è stato quello di poter cominciare a pianificare in maniera più incisiva una nuova Politica Aziendale dedicata alla R&S. Questo perché sapevano che il ritorno economico del 50-25% avrebbe ridotto drasticamente i rischi di perdite finanziarie, in caso di insuccesso, evento normalissimo quando si compie un nuovo studio.

Ancora, le StartUp nate dopo il 2015 potevano usufruire del Credito d’imposta ben più degli altri, perché la loro spesa in R&S sarebbe sempre stata incrementale, non essendo state costituite negli anni 2012-2013-2014.

Dare Valore alla spesa incrementale in progetti innovativi vuol dire incentivare e stimolare le Piccole Imprese e le StartUp, vero scheletro produttivo, commerciale e occupazionale del Sistema Italia, rispetto alle Medie e Grandi, il cui impatto finanziario è sicuramente essenziale, ma le seconde sono presenti in numero molto minore rispetto alle PM e startUp.

Oggi, con la Legge di Bilancio 2020 è avvenuto un cambio nel principio di fondo del Credito d’imposta R&S. Dal 2020 l’agevolazione non maturerà più rispetto all’incremento delle spese sostenute nel triennio 12-13-14, ma in assoluto, a partire dai costi dell’esercizio fiscale stesso.

Inoltre sono state inserite tre categorie all’interno della normativa, oltre alla Ricerca e Sviluppo classica: innovazione ecologica, innovazione tecnologica in chiave 4.0 e innovativa estetica e di design.

Occorre tenere infatti conto che:

  1. nell’Aprile 2019, l’Agenzia delle Entrate aveva pubblicato una risoluzione in cui fondamentalmente eliminava l’innovazione di processo (come è quella ecologica e tecnologica in chiave 4.0) come attività ammissibile per l’accesso al Credito d’imposta.
  2. Inoltre, fin dall’inizio, le attività ammissibili dovevano mostrare una evoluzione da un punto di vista fisico-chimico del prodotto, non solo estetico e di design. Il settore moda veniva in larga parte escluso dall’accesso alle agevolazioni perché le collezioni che portavano sul mercato erano prodotti la cui novità consisteva, nella maggior parte dei casi, nella nuova modellistica, styling e/o nuova combinazione di colori, ma i materiali di base erano gli stessi (cotone, lino, pelle, ecc…). Per quanto fosse enorme l’investimento nelle nuove collezioni, non rientravano nei parametri del Credito d’imposta R&S.

Questi vantaggi, a cui si aggiunge la semplificazione nel calcolo, avendo eliminato il problema della ricerca di documenti fiscali di 8 anni prima, sono stati ‘concessi’ nella nuova impostazione normativa al costo di una drastica rimodulazione delle percentuali su cui valorizzare il Credito: dal 50 e/o 25% al 12 e/o 6%.

L’effetto di breve-medio periodo non sarà di poco conto.

Riprendendo le due categorie di prima (Medie-Grandi Imprese e Piccole-StartUp), questa rimodulazione provocherà un ribaltamento dei vantaggi.

  1. Le Medie-Grandi Imprese potranno ottenere un Credito d’imposta molto rilevante al termine del 2020, a consuntivo di quanto investito in R&S. Non è certo pari al 50%, ma in ogni caso è una liquidità di cassa importante, visto le spese incisive che normalmente implementano. Fino al 2019 questo valore era invece molto basso.
  2. Le Piccole Imprese e le StartUp che avranno intenzione di proseguire i loro progetti innovativi, avviati in larga misura dal 2015, per scelta aziendale o perché prima non erano nemmeno costituite, fondamentalmente vedranno abbassarsi il Valore della Ricerca e Sviluppo dal 50% al 6% di quanto messo a budget. Impostare le proprie risorse aziendali solo in base alla presenza o meno di agevolazioni non è una operazione lungimirante, ma, in ogni caso, questa modifica avrà un impatto decisivo nelle scelte strategiche aziendali.

In sintesi, il passaggio dal principio incrementale a quello assoluto nel Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo è altamente probabile che possa determinare un inaspettato vantaggio alle Medie e Grandi Imprese, a fronte di una fortissima riduzione delle spese in R&S nelle Piccole Imprese e nelle StartUp italiane, che ricordiamo essere l’elemento centrale su cui ancora oggi si diversifica lo sviluppo italiano, con i suoi pregi e difetti.

Se la Finanza Agevolata vuole essere un volano allo sviluppo del Sistema Italia, questa importante modifica del Credito d’imposta Ricerca e Sviluppo può invece rilevarsi una grossa distorsione della concorrenza e del mercato nazionale.

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