Lo scorso 27 aprile 2021, il Senato ha approvato il testo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che prevede un pacchetto da 750 miliardi di euro concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi pandemica.

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Il PNRR fa parte di una più ampia e ambiziosa strategia per l’ammodernamento del Paese, attraverso il quale il Governo intende aggiornare le strategie nazionali in tema di sviluppo.

Il Piano italiano prevede investimenti pari a 191,5 miliardi di euro, finanziati attraverso il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza, mentre ulteriori 30,6 miliardi sono parte di un Fondo Complementare, finanziato attraverso lo scostamento pluriennale di bilancio (approvato nel Consiglio dei ministri del 15 aprile 2021).

Per un totale degli investimenti (complessivo) pari a 222,1 miliardi di euro: una cifra decisamente imponente.

Il Piano per punti

In estrema sintesi, il Piano è strutturato in 6 Missioni con svariate componenti:

1. Digitalizzazione, Innovazione, Competitività, Cultura;

2. Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica;

3. Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile;

4. Istruzione e Ricerca;

5. Inclusione e Coesione;

6. Salute.

Figura 1 Allocazione delle Risorse in relazione alle Missioni

La prima Missione introduce gli aspetti di innovazione e rilancio, relativi al mondo del digital, sia per l’ambito pubblico che per quello privato. In questo contesto, viene proposta la cd “Transizione 4.0” consistente in un piano di incentivi attuati attraverso Crediti di Imposta.

Il Piano costituisce un’evoluzione del precedente programma Industria 4.0 (introdotto già nel 2017), rispetto al quale si caratterizza con alcune significative differenze:

  • l’ampliamento (già a partire dal 2020) dell’ambito di imprese potenzialmente beneficiarie grazie alla sostituzione dell’iper-ammortamento (che per sua natura costituisce un beneficio per le sole imprese con base imponibile positiva) con appositi crediti fiscali di entità variabile a seconda dell’ammontare dell’investimento, ma comunque compensabili con altri debiti fiscali e contributivi;
  • il riconoscimento del credito non più su un orizzonte annuale, osservando gli investimenti effettuati in tutto il biennio 2021-2022 (dando così alle imprese un quadro più stabile per la programmazione dei propri investimenti);
  • l’estensione degli investimenti immateriali agevolabili e l’aumento delle percentuali di credito e dell’ammontare massimo di investimenti incentivati.

Citando testualmente il PNRR: «…Queste innovazioni sono finalizzate a compensare almeno in parte l’incertezza del quadro macroeconomico post-pandemico, sostenendo le imprese che investono per innovare/digitalizzare i propri processi produttivi. L’aumento di produttività e la maggiore efficienza conseguiti da queste imprese contribuiranno ad aumentare la competitività e la sostenibilità delle filiere produttive in cui queste sono integrate, con positive ricadute sull’occupazione».

Nello specifico, dunque, entrano in gioco tre differenti tipologie di credito per:

  1. beni capitali;
  2. ricerca, sviluppo e innovazione;
  3. attività di formazione alla digitalizzazione e di sviluppo delle relative competenze.

Per quanto concerne la prima categoria (beni capitali), i crediti sono riconosciuti per investimento in:

  • beni materiali e immateriali direttamente connessi alla trasformazione digitale dei processi produttivi (cd “beni 4.0” indicati negli Allegati A e B annessi alla legge n.232 del 2016;
  • beni immateriali di diversa natura, purché strumentali all’attività dell’impresa.

Soffermiamoci ora sui primi tre investimenti, relativi al settore privato, previsti dal PNRR con incentivi fiscali particolarmente significativi:

  1. coinvolgimento delle PMI (con fatturato annuo inferiore ai 5 milioni di euro) fornendo un credito in modo da favorire maggiori investimenti in questa critica fase economica;
  2. investimenti ad alto contenuto tecnologico che prevedono «…Per l’Italia, caratterizzata da un robusto settore manifatturiero e un’economia orientata all’export, la sfida dell’innovazione e della modernizzazione è cruciale. Questa linea di intervento prevede contributi per sostenere gli investimenti in macchinari, impianti e attrezzature per produzioni di avanguardia tecnologica (Allegato A alla legge n.232 del 2016) ed è complementare alle misure Transizione 4.0 descritte nel paragrafo precedente. L’importo dei contributi è pari al 40 percento dell’ammontare complessivo delle spese ammesse.»;
  3. reti ultraveloci (banda ultra-larga e 5G) invece è previsto testualmente: «…La nuova strategia europea Digital Compass stabilisce obiettivi impegnativi per il prossimo decennio: deve essere garantita entro il 2030 una connettività a 1 Gbps per tutti e la piena copertura 5G delle aree popolate. L’ambizione dell’Italia è di raggiungere gli obiettivi europei di trasformazione digitale in netto anticipo sui tempi, portando connessioni a 1 Gbps su tutto il territorio nazionale entro il 2026 […]. L’investimento è accompagnato da un percorso di semplificazione dei processi autorizzativi che riconosce le infrastrutture per la cablatura in fibra ottica e per la copertura 5G come strategiche, velocizzandone così la diffusione sul territorio.

Le opportunità che il Piano prevede, sono pertanto di evidente interesse per le aziende italiane.

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